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I migliori boschi della Tuscia dove perdersi

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La Tuscia vanta un patrimonio naturalistico e paesaggistico di altissimo pregio e una notevole varietà di ecosistemi, di flora spontanea e fauna rara che la rendono uno dei territori più interessanti di tutta la regione Lazio.

Boschi magici, faggete monumentali, fiumi, canyon, calanchi, laghi vulcanici, cascate naturali e tante altre meraviglie.

Un territorio ricchissimo, per il 20% è ricoperto da boschi, tra cedui e boschi d'alto fusto.

Il ceduo più diffuso è quello di cerro, rintracciabile un po' ovunque, dal Monte Cimino fino alla costa dove si trova in abbinamento al leccio, all'olmo e all'ornello.

Salendo verso le zone di montagna il cerro viene sostituito dal castagno, da legno e da frutta; la castanicoltura è infatti ormai da anni un caposaldo dell'economia della Tuscia, che, tutto l'anno e in particolare in autunno promuove la castagna viterbese doc con feste e sagre popolari.

In ultimo ricordiamo il faggio, la cui presenza non è molto estesa e che, nella maggior parte dei casi, è presente in associazione con altri alberi, come nel caso della Faggeta del Monte Cimino, dove lo troviamo insieme all'acero montano.

Nella Tuscia abbiamo alcuni esempi di "inversione climatica", fenomeno secondo cui non sempre la vegetazione forestale è strettamente legata alla ripartizione fitoclimatica delle zone; nella nostra zona per esempio il faggio che solitamente cresce ad una zona fitoclimatica sopra al castagno si trova invece in una zona più bassa, tanto che si parla di "faggeta depressa", nel caso di quella di Monte Venere, che sorge intorno al Lago di Vico e annovera esemplari centenari con tronchi di enormi dimensioni.

Valle di Vico

Una terra ricca di boschi dunque, quella della Tuscia: ne abbiamo selezionati tre, completamente diversi tra loro, per accontentare davvero tutti i gusti:

  • Faggeta di Soriano nel Cimino;
  • Bosco del Sasseto di Acquapendente;
  • Bosco Sacro di Bomarzo.

Faggeta Cimina

La Faggeta del Monte Cimino sorge sulla vetta del vulcano Cimino, ad oltre 1000 metri di altitudine, su un territorio di oltre 60 ettari che ricade sotto il comune di Soriano nel Cimino.

Passeggiando tra i sentieri di questo bosco di faggi secolari si incontrano numerosissime rocce costituite da enormi blocchi di lava antica derivata dall'ultima fase effusiva del vulcano, avvenuta oltre 90.000 anni fa.

Nello stesso periodo, le valli circostanti sono state ricoperte di peperino, pietra tipica locale utilizzata sin dall'antichità per la costruzione di palazzi, statue e altre realtà del territorio.

Lo storico Livio, nell'antica Roma, descriveva la Selva Cimina con queste parole: "più impenetrabile e più spaventosa che non siano state al mio tempo le foreste della Germania, e fino a quel tempo nemmeno l'amor del guadagno aveva potuto determinare nessun mercante a penetrarvi".

Tutti, dai soldati romani in marcia verso i territori etruschi dell'alta Tuscia ai pellegrini diretti a Roma dai cammini spirituali del nord, come la Via Francigena, evitavano di attraversarla.

Oggi si tratta invece di un bosco pieno di vita, molto vissuto dalla popolazione, grazie alla rete di sentieri presenti al suo interno, ai pannelli informativi e alle iniziative che vi si realizzano, tanto che in questi anni è stata scelta come set principale per la fiction "Il Bosco", ambientata proprio nel territorio della Tuscia.

Faggeta Monti Cimini

Una curiosità: tra i sassi presenti sul terreno della Faggeta Cimina il più particolare è sicuramente il Sasso Naticarello o Menicante, noto fin dall'antichità per la sua caratteristica di trovarsi in perfetto equilibrio sul terreno tanto da poter esser fatto oscillare in maniera considerevole con uno sforzo molto limitato (in relazione alle sue enormi dimensioni) grazie all'ausilio di una leva qualsiasi.

Bosco del Sasseto

Nel comune di Acquapendente, nell'Alta Tuscia, quasi al confine con la Toscana,  sorge un bosco incantato, conosciuto da molti come "il bosco delle Fate", in cui sorgono numerosi esemplari secolari di leccio e faggio, insieme a carpini, castagni, aceri, querce, e rarissimi esemplari di agrifoglio arboreo.

Il Bosco del Sasseto è un bosco monumentale; al suo interno si nota l'intervento dell'uomo che però ne ha rispettato la natura, rendendolo ancora più spettacolare.

Bosco del Sasseto (Ph: Luca Storri)

Bosco del Sasseto (Ph: Luca Storri)

La fitta vegetazione e i sentieri che si aprono tra di essa gli conferiscono un carattere magico e incantato, tanto da farlo apparire come un luogo fatato dove il tempo si è fermato e la natura ha preso il sopravvento con tutta la sua straordinaria bellezza e varietà.

Alla fine del XIX secolo il Bosco del Sasseto era di proprietà del marchese Cahen, che lo trasformò nel suo giardino privato, facendo realizzare viali e sentieri che lo attraversavano in tutte le direzioni e lo rendevano fruibile in ogni sua parte.

Alla sua morte il marchese fu seppellito all'interno del bosco che però venne subito dopo abbandonato a se stesso.

Facendo parte della proprietà del Castello di Torre Alfina, il bosco fu prima acquistato da privati per poi passare in mano alle banche, fino ad essere riaperto al pubblico nell'ultimo periodo, per permettere a tutti di godere di questo spettacolo unico al mondo.

Il terreno su cui sorge il Bosco del Sasseto è - come suggerisce il nome stesso - ricoperto di rocce vulcaniche, scagliate fin qui durante le esplosioni del vulcano Volsino, circa 300.000 anni fa.

La flora presente su questo terreno, proprio per la natura dello stesso, è tutta spontanea e proprio per questo la biodiversità è elevatissima e deve essere preservata, tanto che il bosco stesso è stato dichiarato riserva integrale, monumento naturale e zona di protezione speciale.

Bosco Sacro

Bomarzo, piccolo borgo medievale della Tuscia è famoso in tutto il mondo per la sua Villa delle Meraviglie, detta anche Bosco Sacro, o meglio noto come Parco dei Mostri, progettato dal principe Vicino Orsini e dal grande architetto Pirro Ligorio verso la metà del XVI secolo.

Il Bosco Sacro è forse il più particolare dei boschi della Tuscia; si tratta infatti di un bosco naturale in cui fortissima è l'impronta dell'uomo che lo ha trasformato in un vero e proprio museo a cielo aperto.

Questa realizzazione nasce all'interno della cultura architettonico-naturalista del secondo Cinquecento, ma si discosta totalmente dalla perfezione geometrica e prospettica di realtà nate nello stesso periodo, come Palazzo Farnese a Villa Lante.

Il Bosco Sacro rappresenta un unicum nel panorama dell'epoca; esso abbandona ogni regola prospettica e di proporzioni per stupire il visitatore, giocando sulla varietà di forme e dimensioni e lasciando libero sfogo al genio creativo dell'architetto.

Bosco Sacro

Bosco Sacro

Nel Bosco si susseguono senza soluzione di continuità statue mitologiche scavate in massi di peperino locale, strutture eccentriche come la casa pendente, il tempietto funerario, obelischi e sedili con iscrizioni dell’epoca.

Dopo la morte di Vicino Orsini il bosco è stato abbandonato per secoli fino ad essere poi riscoperto a partire dal XIX secolo da intellettuali e studiosi come Claude Lorrain, Johann Wolfgang von Goethe, Salvador Dali, Mario Praz e Maurizio Calvesi.